mercoledì 28 ottobre 2015

L’UMANITÀ INTENSA DEL PASTORE BUONO

«E se ‘l mondo sapesse  il cor ch’elli ebbe
assai lo loda, e più lo loderebbe»
(Pd VI, 140-142).

Più volte, e anche recentemente nella quarta domenica di Pasqua, la Chiesa, attraverso le parole del Santo Padre, ricorda ai presbiteri la necessità di ispirare sempre meglio il ministero sacerdotale all’insegnamento del Vangelo e, in particolare, all’esempio del buon pastore, di cui parla il bel capitolo 10 di Giovanni. 
A breve distanza dall’intervento di Papa Francesco, don Pierino, profondamente radicato nella roccia di Cristo, celebra felicemente il sessantacinquesimo anniversario della sua ordinazione presbiterale e, soprattutto, testimonia, con la sua luminosa missione sacerdotale, la libera e piena accettazione della volontà del Padre Celeste, cogliendo i segni dei tempi, seminando nel mondo, con trascendente tensione interiore, l’insegnamento di Cristo Maestro e della Santa Chiesa.

La paternità del buon pastore…
Il nostro don Pierino consente di toccare con mano il valore profondo e inestimabile della paternità del buon pastore, che ama, protegge, nutre e sostiene i figli, non facendo mai mancare la protezione della preghiera e l’assiduo nutrimento spirituale, ritrovando nella vocazione presbiterale la stessa sostanza, la stessa radice dell’essere padre e dell’essere pastore nel generoso impegno ad alimentare, far mangiare, pascere i figli da introdurre al mistero di Dio e da condurre e, ancor di più, accompagnare nell’itinerario mai scontato della fede. Dimostra che la vocazione presbiterale è fedeltà, è servizio alla Chiesa, curando e amando quella parte di popolo affidatagli da Dio, del quale realizza liberamente e pienamente la volontà fino al dono totale di sé. Sull’esempio di Cristo, il «pastore - come afferma il Santo Padre - è una guida premurosa che partecipa alla vita del suo gregge, non ricerca altro interesse, non ha altra ambizione che quella di guidare, nutrire, proteggere le sue pecore. E tutto questo al prezzo più alto, quello del sacrificio della propria vita». Donare la vita significa per don Pierino offrire tutto se stesso, restituire a chi incontra i doni ricevuti dal Signore, far sentire nei cuori - nella comunione e nell’unità -  la bellezza, l’amore, la vitalità, la gioia, la potente misericordia della presenza divina, che riscalda e illumina il cammino di fede.

…con la combattiva tenerezza

Don Pierino è il pastore buono, incaricato dal Signore, conosce le sue figlie e i suoi figli di una conoscenza diretta, discerne e riconosce l’identità di ciascuna e di ciascuno: una conoscenza profonda, penetrativa, generata dalla prossimità, dall’assidua custodia e dalla comunione di spirito. È il pastore buono, che dispensa la dolcezza dei suoi sentimenti, sapendo essere forte con quella con quella «combattiva tenerezza», a cui sollecita papa Francesco nell'Evangelii Gaudium.
La paternità di don Pierino, di cui «significar per verba - direbbe Dante - non si poria», nasce dall’umiltà, dalla dolcezza, dalla filiale e sempre crescente devozione a San Pio di Pietralcina, senza mai risparmiarsi, senza mai arretrare, senza mai rinunciare alla preghiera e al bene, senza mai svigorirsi per il peso degli anni, per l’inarrestabile trascorrere del tempo verso il crepuscolo del pellegrinaggio terreno.

…con la veneranda e canuta età
Infatti, si può dire, con Cicerone, che don Pierino, per la sua veneranda età, oggi, non fa le cose che fanno i giovani, «at vero multo maiora et meliora facit. Non viribus aut velocitate aut celeritate corporum res magnae geruntur, sed consilio, auctoritate, sententia; quibus non modo non orbari, sed etiam augeri senectus solet», ma molte di più e di migliori. Le cose importanti - secondo l’Arpinate - non vengono compiute con le forze, la rapidità e l’agilità del corpo, ma con il senno, l’autorità e la capacità di giudizio, di cui la vecchiaia non solo non si priva, anzi si arricchisce.  L’amore paterno del nostro don Pierino, allora, lievita, con la canuta età, ogni giorno di più e cresce con l’amore e la devozione con cui lo circondano le sue figlie e i suoi figli, sapendo amare e farsi amare, sapendo che la bontà irradia quella luce divina, che rende le creature del Signore sempre più belle.

…con la bellezza del sorriso
Don Pierino sa essere grande, sapendo mantenersi piccolo, «perché Iddio -  come scrive nella raccolta In ascolto. Un pensiero al giorno - si nasconde specialmente nelle cose piccole e umili», nella grandezza della sua fede e del suo amore, che non impone, non prevarica, non toglie, ma arricchisce, va incontro, sapendo mantenere sempre aperta la porta del cuore, con l’umanità di chi sa servire sorridendo, di chi sa conquistare con quel sorriso, che Montale definirebbe «un’acqua limpida … l’abbraccio d’un bianco cielo quieto», d’un cielo limpido, che dà il gusto del bene, gioia pura e senza tramonto. È il sorriso donato a tutti, sapendo quanto sollievo può offrire, quanto bene può fare nella sua semplicità, quanta felicità può donare, tanto che Neruda avrebbe detto, con i suoi versi, privami di tutto, «pero non me quites tu risa», ma non togliermi il tuo sorriso.

…con l’affetto dei suoi figli
Conoscendo l’affetto di tanti suoi figli spirituali, nei quali ha fatto socraticamente nascere la vocazione della vita da dedicare lietamente e interamente al servizio del Signore, tornano in mente, con un opportuno adattamento, le note e i versi di A te che sei, semplicemente sei di Jovanotti, con cui ognuno di loro potrebbe dire a don Pierino «A te che hai preso la mia vita / E ne hai fatto molto di più / A te che hai dato senso al tempo / Senza misurarlo», per il suo incarnare quella Chiesa che fa la volontà del Padre, consapevole del cammino arduo e difficile di tante donne e di tanti uomini, delle pesanti sofferenze di larga parte dell’umanità, pienamente partecipe delle pene di tutti e pronto a consolare anche con un significativo gesto di attenzione e di paterna premura.
Quante vite ha saputo far "rinascere" al servizio e all’amore di Dio, renderle più belle, facendo rispondere positivamente alla chiamata del Signore e a quel fuoco d’amore che la Madonna e San Pio sanno accendere nel cuore puro d’ogni credente!

…con la vocazione del buon maestro
Don Pierino, pastore e padre buono, con la sua profonda umanità, sa che la Parola di Dio ha una sua ontologica dimensione pedagogica. L’annuncio, sull’esempio di Gesù Maestro, è alto compito educativo per insegnare l’ascolto, la conoscenza, la comprensione, l’interiorizzazione, ma soprattutto, l’amore per la Parola, sapendo offrire la personale testimonianza con i valori della fede e con il gusto della sentita preghiera eucaristica. La missione del buon maestro trova nell’umanità del padre il suo completamento, la sua piena integrazione. Lo spagnolo Quintiliano ricorda, infatti, che «prima di tutto il maestro assuma nei confronti dei suoi allievi la disposizione d’animo di un padre» (Sumat magister ante omnia parentis erga discipulos suos animum)… e don Pierino sa essere maestro con la dolcezza e la premura del padre e padre con l’alta responsabilità dell’educatore, che vive ciò che insegna.
Nell’insegnamento di don Pierino un posto significativo viene altresì occupato dai suoi numerosi scritti, dal saggio dedicato a Padre Pio mio padre agli esercizi spirituali raccolti nel testo Saper vivere in famiglia, dai preziosi editoriali pubblicati nel mensile d’informazione "Servi della Sofferenza" agli agili volumi in cui sono raccolti i suoi pensieri, In ascolto. Un pensiero al giorno. Anche in questi ultimi, con parole semplici e immediate, propone, come opportunamente nota don Emanuele Tagliente, figlio e discepolo della prima ora di don Pierino, «una briciola della sapienza di Dio, racchiusa in poche parole».
Don Pierino sa che il buon maestro è sempre vivo e presente, sa attendere con pazienza, sa incidere nel cuore e nella vita delle persone, valorizzare la loro esistenza quotidiana, dare la speranza di quel futuro che il Padre Celeste prepara, con un linguaggio non paludato da inutili orpelli, senza alcuna sterile retorica, racchiudendo il succo saporito della saggezza evangelica anche in quel tenero abbraccio, in cui, quando ti accoglie e ti stringe, vorresti abbandonarti, senza più scioglierti.

Nella grazia di questo abbraccio, anche il Grazie al Signore per quanto don Pierino ha fatto e continuerà a fare, come buon padre e buon pastore, per continuare l’opera santificatrice di Cristo.


Pubblicato sul mensile di informazione "Servi della Sofferenza", Anno XXIV, n. 7, luglio 2015, pp. 7-9.


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Mons. Pierino Galeone, a seguito della pubblicazione del numero 7 del mensile "Servi della Sofferenza", scrive, in data 2 ottobre 2015, la seguente lettera: 

Carissimo Guglielmo,
hai aperto il cielo del tuo cuore lasciando piovere abbondanti acque che non mi hanno permesso di guadare al riparo di nessuna riva tanto erano inarrestabili i tuoi pensieri e i tuoi affetti.

È stato un naufragio in un mare molto vasto per me, per cui l’annegamento è stato inevitabile.
Dall'abisso dell’amore del tuo cuore vorrei far venire a galla una sola mia parola: Guglielmo grazie!
Mi è stato dolce naufragare in questo mare.
Ad maiorem Dei gloriam.

S. Giorgio Jonico, 2 ottobre 2015
tuo sempre
Don Pierino