sabato 28 marzo 2020

Ricordo di Vincenzo De Filippis


   In questi giorni, il mondo della scuola e quello dell’arte sono in lutto per la scomparsa di Vincenzo De Filippis, preside dell’istituto d’arte di Grottaglie dal 1987 al 1997 e artista di chiara fama.

   Grottaglie perde uno dei suoi figli migliori, un grande uomo di scuola, un eccellente artista, un testimone della migliore grottagliesità.
   Credeva e si impegnava per una scuola di qualità, formativa, innovativa, capace di coniugare la gloriosa tradizione della vecchia scuola d’arte con i nuovi indirizzi legati all’avanzare di forme e linguaggi della contemporaneità.       Per Vincenzo la scuola era il tempio della cultura e dell’arte, dove il vero si incontra con il bello in un’umanità orientata al bene. Organizza, con particolare cura, il museo della ceramica dell’istituto d’arte, un fiore all’occhiello non solo della scuola, dove far tappa con i visitatori più illustri della città delle ceramiche. 
   Come artista, eccelle soprattutto nella scultura, nella ceramica e nella grafica, esponendo in Italia e all’estero in mostre personali e collettive, con vasto consenso di pubblico e di critica. Cosimo Luccarelli ricorda che «sue opere dimostrano l’alto valore artistico, la grande professionalità dei maestri grottagliesi e non per ultimo la provenienza da una scuola d’arte locale di alto prestigio, vanto di tante generazioni».
   Tra i ricordi personali c’è un viaggio insieme a Brest, città francese gemellata con Taranto, per uno scambio culturale che ci vedeva insieme a Pino Albenzio, Franco Fersini, Gianni Amodio, Grazia Lodeserto, Giovanni Gigli, Alfredo Cervellera e altri amici e colleghi. 
   Torna in mente un’indimenticabile serata, nel novembre 2011, nel liceo “Moscati” con Roberto Burano, Alberto Altamura, Francesco Prudenzano, Tommaso Sibillio per presentare un’interpretazione di Dante attraverso le sue stupende sculture (Il titolo della serata era “La scultura di Vincenzo De Filippis interpreta Dante”), collegate alle “Lecturae Dantis” del liceo.   
   Un ultimo ricordo personale è del novembre 2017, legato al conferimento del premio “Koinè Culturale - Giuseppe Battista” di Grottaglie, organizzato da Roberto Burano, con la collaborazione di Rosario Quaranta e di Pierpaolo De Padova, che Vincenzo impreziosiva con le sue opere in terracotta da assegnare al premiato dell’edizione di turno.
   Credo che possano esserci altri momenti in cui si debba meglio ricordare la persona e l’opera di De Filippis. L’auspicio è che la città di Grottaglie, al di là dell’immediato cordoglio e degli onori che non ha potuto tributare in questi giorni di coronavirus, sappia degnamente onorare la sua esemplare opera e la sua degnissima persona.

Guglielmo Matichecchia, De Filippis, uomo di scuola artista eccellente, in “Buonasera Taranto”, Anno XXVIII, 28 marzo 2020, n. 71, p. 10.








martedì 17 marzo 2020

La peste bubbonica nella Taranto del dopoguerra


Il coronavirus fa rivivere dolorose esperienze del passato che si ritenevano improponibili per le migliorate condizioni di vita di oggi e per i progressi della medicina, ritenuta capace di poter debellare ogni virus vecchio o nuovo che voglia minacciare la salute delle popolazioni.
La memoria storica va all'anno 1945, all'indomani della conclusione del conflitto mondiale e della liberazione del'Italia dal fascismo, quando nel mese di settembre esplodono, in Taranto, in prevalenza tra gli operai delle officine dellarsenale marittimo, alcuni casi di peste bubbonica.

Ancora non sopiti leco lacerante delle sirene antiaeree e lacuto sibilo delle bombe, ancora non asciugate le amare lacrime per i tanti morti in una guerra funesta, scatta un nuovo e inatteso allarme in una città che muove i primi passi del post-fascismo per ripristinare valori ed esperienze di libertà e di democrazia.
Il timore dellepidemia mette alla prova la nuova classe dirigente: il socialista Ciro Drago alla guida della giunta municipale, il democristiano Alfredo Fighera alla presidenza dellAmministrazione provinciale e Giuseppe Festa alla responsabilità della prefettura. Lo stesso governo nazionale, presieduto da Ferruccio Parri - che non ha un ministero della Salute, ma quello dellAlimentazione con laventiniano Enrico Molè - segue, con la giusta attenzione, levolversi del focolaio nel territorio tarantino.
Da unimmediata indagine sanitaria, disposta dalle autorità militari e civili ed eseguita dagli esperti dellAlto commissariato per ligiene e la sanità, scaturisce: la presenza di topi portatori della morte nera nelle balle di cotone e di stracci, scaricate da un mercantile inglese proveniente da Malta; la morte dun marinaio dellequipaggio senza dichiarare la causa alle autorità italiane.  Si adottano immediatamente le prime misure durgenza per circoscrivere il focolaio. I contagiati sono confinati nel lazzaretto comunale diretto dal dott. Arturo Gentile, i familiari in contumacia; si dispongono disinfestazioni e vaccinazioni per quanto possibile.
Si vietano le riunioni pubbliche e tutte le manifestazioni, si chiudono le chiese e i luoghi dincontro, si sospende il servizio tranviario. Pur evitando ogni possibile pubblicizzazione, la notizia trapela in città che non resta indifferente. Si respira unaria greve, di comprensibile preoccupazione; le vie non sono particolarmente affollate; si vogliono evitare contatti che possano essere contagiosi e pericolosi per la salute.
Dal 3 al 23 settembre si contano 23 casi, di cui 11 mortali. Si pensa che il peggio sia passato, ma fra il 22 e il 29 ottobre si aggiungono altri 3 casi letali. Nel mese di novembre si registrano due casi, di cui uno mortale, le autorità sanitarie ritengono diminuita la forza diffusiva dellinfezione anche se non ritengono la città ancora indenne. La sanità militare della marina italiana è encomiabile per la competenza e limpegno dei suoi ufficiali - specificatamente Umberto Monteduro, Giuseppe Barbagallo, Alfonso Leone e altri - nel contrasto del morbo, giovandosi della collaborazione degli inglesi. 
Le autorità sanitarie nazionali e locali (con il dott. Ferdinando Martorana, medico provinciale) decidono di organizzare unoffensiva per sterminare i topi, ritenuti il pericolo pubblico numero uno.
Chiamato dallUnited Nations Relief and Rehabilitation Administration (U.N.R.R.A.), unorganizzazione internazionale istituita per assistere economicamente e civilmente i Paesi usciti gravemente danneggiati dalla Seconda guerra mondiale, giunge da Londra il dott. Barnett, uno specialista del Servizio controllo disinfestazioni del ministero dellalimentazione, che vanta, nel suo curriculum, lannientamento in Inghilterra «di qualcosa come otto milioni di topi nel giro di pochi mesi». La lotta contro i ratti è intensificata con un mirato piano studiato dalle autorità sanitarie italiane in accordo con lesperto inglese, che tiene conto della specificità del morbo, della sua diffusione e della situazione igienica del centro abitato. Qui «i rifiuti accumulati nei bidoni generosamente forniti dall'Amministrazione comunale e situati nei vari androni - si denuncia nella Voce - emanano un tanfo insopportabile ed attirano mosche, topi ed insetti in tale quantità da costituire un pericolo per la comunità». Al di là dei topi importati con le balle di cotone e di stracci, si individuano alcune concause nell'eccessivo sovraffollamento della città; nella caldissima estate, seguita ad un inverno freddo e a una primavera ritardata; nella siccità da gennaio ad ottobre, con una durata mai riscontrata nell'ultimo cinquantennio.
Alla cronaca di quei giorni fa qualche cenno lindimenticabile Giacinto Peluso (che fa parte di quella benemerita schiera di studiosi locali, homines virtutis atque ponderis), nella sua Storia di Taranto del 1990, edita dalla Scorpione Editrice di Piero Massafra. Nei primi anni del nuovo Millennio, Giovangualberto Carducci e A. Leone entrano nel merito degli avvenimenti con un saggio pubblicato nella rivista Cenacolo della sezione di Taranto della Società di Storia Patria. A questi si aggiungono articoli di giornali locali e, nel 2002, gli interventi di Alberto Carducci e degli ultranovantenni Barbagallo e Leone, in convegni e incontri di studio sull'argomento.  Non ci sono riscontri, nel 1945, nelle pagine della storica Voce del Popolo, forse per non allarmare ulteriormente la popolazione duramente provata dalla dittatura del ventennio fascista e dalla tragedia della guerra. La cittadinanza conosce, però, i  provvedimenti adottati dal prefetto e, nell'edizione del 27 ottobre del giornale diretto da Antonio Rizzo,  si accenna all'esistenza «dei diversi casi di peste verificatisi di recente nella nostra città», riportando la protesta del lettore Sergio Azzollini, che si rivolge pubblicamente al sindaco - dopo alcuni reclami scritti senza risposta - per chiedere una disinfezione in via Pupino, angolo via Di Palma, dove «si notano da tempo numerosi topi evidentemente di fogna».
 Anche in questo caso, come in ogni emergenza con rischi per la salute e la vita, tutto il resto passa in secondo piano e anche a Taranto, come direbbe Camus, la peste «aveva ricoperto ogni cosa: non vi erano più destini individuali, ma una storia collettiva, la peste, e dei sentimenti condivisi da tutti».
La lezione che viene dalla storia è oggi, a maggior ragione, da non dimenticare: si può vincere o perdere quando si è divisi dalla guerra; si può solamente vincere, senza alcuna paura, quando si è uniti senza distinzioni e si lotta fianco a fianco, dalla stessa parte, per il bene di tutti.


Guglielmo Matichecchia
Società di Storia Patria per la Puglia
Socio Ordinario - Sezione di Taranto


Guglielmo Matichecchia, La peste bubbonica nella Taranto del dopoguerra, in “Buonasera Taranto”, Anno XXVIII, 17 marzo 2020, n. 62, p. 15.

venerdì 6 marzo 2020

Il Quaderno de "L'Arengo" dedicato a Francesco Petrarca


Paolo De Stefano, con il solito garbo e con una bellissima dedica in cui fa sentire la “più fraterna voce del cuore”, mi ha fatto dono dell’ultimo numero, il tredicesimo, de “I Quaderni” della rivista “L’Arengo”, ormai un punto fermo della cultura letteraria, che va ben oltre i confini della nostra città.
Il quaderno, edito dalla “Scorpione Editrice” di Piero Massafra, è pubblicato grazie anche al mecenatismo della BCC di San Marzano di San Giuseppe, alla cura redazionale di Mario Lazzarini e alla bella impaginazione di Carmela Massafra.
“L’Arengo” nasce dall’idea e dalla lungimiranza di Paolo De Stefano, negli indimenticabili anni al prestigioso timone del liceo classico “Quinto Ennio” e della fondazione del “Centro Studi di Italianistica”, iniziando dal 2005 una serie di numeri monografici, dedicati ai giganti della nostra letteratura. Dopo il primo, di cui è protagonista Benedetto Croce, seguono, nell’ordine, quelli dedicati a Pascoli, Carducci, D’Annunzio, Pirandello, Ungaretti, Quasimodo e Montale, Boccaccio, Leopardi, Manzoni, Foscolo e ai “Narratori e poeti del secondo ‘900”.
I volumi, frutto di un paziente e rigoroso impegno di studio e di ricerca, possono arricchire la formazione iniziale e in servizio dei docenti di Letteratura italiana, la formazione di studenti che non si accontentano degli usuali testi e manuali scolastici e possono ben figurare nelle biblioteche universitarie e dei migliori istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
L’ultimo numero, ancora con l’invitante profumo della carta appena stampata, vede una serie di saggi riguardanti Francesco Petrarca (20 luglio 1304 - 19 luglio 1374), artista «della rinnovata lingua nazionale dal latino secolare, indagatore finissimo della nostra più ascosa spiritualità; poeta moderno nel senso attuativo del nostro umano procedere nella vita e nella Storia»; è dedicato «con animo fermo e sincero» alla «nobile e qualificata dottrina e sapienza di Walter Tommasino che, per decenni, è stato collaboratore prezioso e privilegio della Rivista».
Il Petrarca de “L’Arengo” si legge piacevolmente e si può consultare con profitto; non viene considerato solo per la liricità del “Canzoniere”; è l’oggetto di un accurato scavo critico. Si colgono, nelle stagioni della sua vita, i caratteri della solitudine interiore e dell’inquietudine nella ricerca di sé, il desiderio di conciliare il cristianesimo con l’amata cultura classica, la varietà delle esperienze nel continuo peregrinare e nei soggiorni alla ricerca di nuove conoscenze, l’aspirazione a un’Italia giammai dilaniata, la dolce memoria di un amore prima vicino e poi vago e lontano. Il Petrarca è analizzato nella prosa risorgimentale del Carducci, nelle opere in latino e in volgare, nella critica letteraria del ‘900, nei caratteri assunti dal petrarchismo, nel panorama della cultura europea di lingua francese e tedesca, nella ricerca di universale lode con il serto romano in una data controversa. Da tutti i contributi emerge il profondo pensiero, il valore poetico e letterario, le non comuni qualità
artistiche, che fanno del Petrarca il poeta in grado, con la sua opera, di vincere quel tempo sempre in fuga senza arrestarsi un’ora (fugge, et non s’arresta una hora - cclxxii) e di una cultura che sente l’approssimarsi del nuovo che avanza senza chiusure ad un passato che stenta a tramontare.
Gli autori dei contributi sono espressione della cultura militante del mondo accademico, scolastico  e del territorio e specificamente di Ruggiero Stefanelli (Il petrarchismo di Petrarca e la critica del Novecento), Aldo Luisi (La presenza di Ovidio in Petrarca), Domenico Lassandro (La biblioteca ambrosiana e il codice virgiliano del Petrarca con la nota autografa sulla morte di Laura), Vittorio Basile (Francesco Petrarca polemista civile), Paolo De Stefano (Fiumi ed acque nel “Canzoniere” petrarchesco), Antonio Resta (Il “Petrarca” di Luigi Russo), Romano Colizzi (Petrarca e Goethe), Alberto Altamura (Spigolature petrarchesche), Mino Ianne (Francesco Petrarca nella interpretazione di Étienne Gilson), Titina Laserra (“Italia mia, benché il parlar sia indarno”), Stefano Milda (Petrarca, l’Italia e la pace), Stefania Danese (Francesco Petrarca. L’ascesa al monte Ventoso. Il discidium di un uomo moderno), Antonio Liuzzi (Francesco Petrarca dalla Provenza a Milano e l’Itinerarium ad sepulcrum domini nostri Iesu Christi), José Minervini (Il mal d’essere di Francesco Petrarca), Egidia La Neve (Il poeta laureato nel paradiso abitato da diavoli), Nicoletta Francesca Berrino (Con Petrarca sul Ventoso: note a margine di Familiarium rerum Libri IV, 1 Tararà editori) e Lucio Pierri (Incoronazione del Petrarca: una data controversa e una falsa cronaca). Un insieme di contributi non giustapposti, bensì legati organicamente dal fil rouge d’un Petrarca «voce discreta, intima, a volte solitaria, ma sempre amabile che - come scrive De Stefano nella presentazione del volume - trasferisce gli umani sentimenti da elegiaci, ora drammatici, ora fervidi di speranza dalle ombre dello stesso cuore alla luce della speranza che è vita e rinnovellato amore».
Con il 2021, l’anno del settimo centenario della morte di Dante, il numero monografico, il Quaderno n. 14, in collaborazione con il Comitato di Taranto della “Società Dante Alighieri” presieduto da José Minervini, sarà dedicato, con una raccolta di studi e saggi, al Sommo Poeta.
Guglielmo Matichecchia

Guglielmo Matichecchia, I Quaderni de L’Arengo dedicati al Petrarca, in “Buonasera Taranto”, anno XXVIII, 6 marzo 2020, n. 54, p. 16.




domenica 1 marzo 2020

Il culto del Sommo Poeta, conosciuto più all'estero che in Italia


Il Signore dell’altissimo canto”! Così Paolo VI ha definito il poeta nell'indimenticabile lettera apostolica del 7 dicembre 1965 per il sesto centenario della sua nascita, salutandolo nell’«eccelso coro dei poeti cristiani … per la grandezza dei temi trattati e per la purezza dell’afflato e dell’ispirazione, meravigliosa per il vigore congiunto a una squisita eleganza». Tutti lo riconoscono quale il più grande poeta dell’umanità. Come tale non tramonta mai, vive in una dimensione in cui il tempo c’è, ma non conta più; giammai è desueto, è sempre attuale, è nella memoria senza appartenere al passato, anzi - come è stato detto - è un contemporaneo del nostro futuro.

Gianfranco Contini (1912-1990), nel riconoscere l’universalità del divino poeta, non rinchiuso nel suo Medioevo, collocandosi in un tempo che non è alle nostre spalle, ben scrive, nel saggio critico Un’idea di Dante, che «l'impressione genuina del postero, incontrandosi in Dante, non è d'imbattersi in un tenace e ben conservato sopravvissuto, ma di raggiungere qualcuno arrivato prima di lui».

L’umanità trova nella Divina Commedia l’opera d’arte perfetta, il «poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra» (Pd XXV, 1-2), la storia del proprio eterno peregrinare. Nella “Commedia” si riconosce il distillato della più pura poesia, non impantanata da zavorre ideologiche, non chiusa in categorie mentali contingenti, libera dai limiti del tempo e dello spazio e capace di guardare, con le proprie ragioni, quelle degli altri.
Antonio Gramsci (1891-1937), che nessuno può tacciare di ‘simpatie’ verso il mondo cattolico, nella prima lettera dal carcere fascista, indirizzata alla sua padrona di casa, chiede di ricevere una copia della Commedia, di cui è fine studioso, producendo rilevanti considerazioni critiche anche sul X canto dell’“Inferno”.
  
Dante nel mondo
Dante, poeta pensante, fa emergere e canta, con inimitabile arte, «le realtà più misteriose e sublimi della vita, i misteri di Dio e i più alti pensieri degli uomini». Si può così comprendere perché non solo in Italia, ma in tutto il mondo sia diffuso il culto del sommo poeta e siano quanto mai numerosi e non formali i preparativi per celebrare degnamente, nel prossimo anno, il settimo centenario della morte.
Prima del diffondersi del coronavirus, nella stessa Cina - dove, appena qualche anno fa, nel 2011, è stata inaugurata, nella metropoli di Ningbo della provincia orientale dello Zhejiang, una copia della celebre statua di piazza Santa Croce di Firenze - è stato costituito un apposito comitato e proposto un ricco programma per commemorare Dante, conosciuto, studiato e particolarmente amato nelle più importanti istituzioni culturali dell’Asia. Né va qui dimenticato il culto di Dante tra popolazioni di lingua inglese, dove trova il maggior numero di traduzioni al mondo, costituendo, in particolare, negli Stati Uniti d’America, «un’importante componente della formazione degli studiosi e gentlemen of culturedella tradizione harvardiana e bostoniana». Molto spesso, andando all’estero, gli italiani rischiano di sfigurare innanzi a stranieri che conoscono e citano la Divina Commedia con una dimestichezza che in Italia si va smarrendo. Uno studente della nostra scuola ionica - promosso con il massimo dei voti nella maturità liceale - dopo aver brillantemente completato i suoi studi nell’Università di Yale, vive negli Stati Uniti, dove lavora con successo nel mondo della grande finanza, candidamente confessa, in una pubblicazione, di avere una modesta conoscenza del solo ‘Inferno’ e di aver fatto «spesso pessime figure con persone straniere che pensano che noi italiani siamo tutti esperti di Dante».

Dante in Italia
Povero Dante! Lo stesso poeta e tanti studiosi e artisti - che in Italia e nel mondo hanno amato il Sommo Poeta nella letteratura, nella pittura, nella musica, nel cinema e nel teatro - inorridirebbero per come in Italia, al di là di estemporanee rappresentazioni televisive, ci si occupa dell’opera dantesca. Questa meriterebbe, nel nostro Paese, una migliore attenzione nella formazione iniziale e in servizio dei docenti di Letteratura italiana e nella formazione degli studenti della scuola di istruzione secondaria di secondo grado, dove quantità e qualità dell’insegnamento della Commedia tendono a contrarsi, con l’implicito incoraggiamento dei compiacenti programmi ministeriali.

Dante nella cultura tarantina
Nella realtà tarantina, al di là dell’attività pedissequamente curricolare svolta nelle scuole, non ci sono - salvo lodevoli eccezioni - iniziative che abbiano a cuore la poesia di Dante. Solo la sezione comunale della Società Dante Alighieri, con la presidente José Minervini, il presidente onorario Paolo De Stefano e la segretaria Annamaria Converti, si impegna, con notevoli sacrifici economici e organizzativi, a mantenere vivo il culto del “Ghibellin fuggiasco” con pregevoli “Lecturae Dantis”. Qui basterebbe ricordare gli interventi già realizzati o in corso di realizzazione, nella sede gentilmente messa a disposizione da parte dell’ASL in via SS. Annunziata, di Aldo Onorati, Pietro Dalena, Antonio Liuzzi, Stefano Milda, Stefania Danese, Roberto Imperiale, Anna Grasso, Titina Laserra, Antonio Morelli, Nicola Baldi, Piero Massafra e Giancarlo Magno.
Sarebbe auspicabile che, anche in vista del 2021, l’anno delle celebrazioni nazionali di Dante, tutte le scuole secondarie di secondo grado, con i docenti e con i presidi più sensibili, possano promuovere progetti curricolari ed extracurricolari di poesia dantesca, potendo contare sulla collaborazione di competenze presenti nel territorio. 

Taranto per i 700 anni della morte di Dante
Il 2021 sarà in Italia l’anno di Dante e la città che aspira a diventare capitale della cultura non può ignorare tale ricorrenza. Si auspica che l’Amministrazione del Comune capoluogo - in collaborazione con il comitato locale e con la sede nazionale della Società Dante Alighieri - possa, a tal proposito, promuovere le migliori iniziative, sapendo così rafforzare la candidatura a capitale della cultura per il 2021, tenendo conto che tra le 43 città italiane candidate ci sono storiche località dove Dante è parte integrante delle tradizioni e della loro vita.
In tale ambito, sarebbe prezioso il coinvolgimento delle studentesse e degli studenti delle scuole, la chiamata in causa dei dirigenti scolastici e dei docenti che hanno una migliore sensibilità culturale e civile, un amore per l’opera dantesca e per il nostro territorio.
Si potrebbero programmare alcune giornate con una serie di “Punto Dante” - a cura degli studenti e dei loro docenti con la collaborazione di gruppi teatrali amatoriali - nelle piazze e nelle vie più frequentate della città, con una breve e suggestiva rappresentazione di alcuni canti della Commedia. Si pensi a una serie di esecuzioni musicali che si richiamano a Dante con, in primis, la Sinfonia di Dante di Franz Liszt che potrebbe rientrare, in un’apposita serata, nel cartellone 2021 delle orchestre della nostra città e/o delle orchestre delle prestigiose istituzioni musicali del territorio. Per queste ultime, il riferimento è sia all’istituto superiore di studi musicali “Paisiello”, che vanta la presidenza di Domenico Rana e la direzione del M° Gabriele Maggi, sia al liceo musicale “Archita”, di cui è preside Francesco Urso, e alla sua orchestra diretta dal prof. Paolo Battista. È bene qui ricordare come la storia del liceo “Archita” sia profondamente intrecciata con quella della Società Dante Alighieri di Taranto, con il coinvolgimento di insigni docenti e dei migliori presidi che si sono succeduti con crescente impegno volto a diffondere nella scuola e nella città l’amore per Dante e per la sua immortale poesia.
Una capitale della cultura nell’anno di Dante senza Dante non è possibile.
È bene pensarci in tempo!
Guglielmo Matichecchia

(Guglielmo Matichecchia, Il culto del Sommo Poeta, conosciuto più all'estero che in Italia, in “Buonasera Taranto”, anno XXVIII, 1-2 marzo 2020, n. 50, p. 24)