L’irresistibile
fascino de “La Divina Commedia” conquista anche Karl Marx (1818-1883), il
teorico del materialismo dialettico e storico, autore, con F. Engels, del “Manifest
der Kommunistischen Partei”. Il «poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra»
supera la ristrettezza d’una concezione della religione come gemito degli
oppressi, come sentimento di un mondo senza cuore; la sua armonia, direbbe
Foscolo, «vince di mille secoli il silenzio».
Il poeta prediletto
Nel
monumentale “Das Kapital”, l’opera più importante e conosciuta del pensatore
tedesco, non mancano riferimenti ad autori della cultura classica e della migliore
poesia di tutti i tempi. Risaltano puntuali citazioni di Dante, considerato “il
poeta prediletto”, osannato dal fiorire del Romanticismo tedesco in Europa, letto
da Marx nella lingua originale per apprendere l’italiano, pur essendo note le
traduzioni integrali della “Commedia”, in lingua tedesca, a cura di Giovanni di
Sassonia del 1849 e di Karl Witte del 1862 e, in inglese, di Henry Francis Cary
del 1814.
Marx predilige,
in particolare, il Sommo Poeta che argomenta e arguisce, il suo essere acuto,
oculato, mai fallace, sempre essenziale, immediato, sentenzioso, pungente e convincente.
È il Dante a cui Virgilio si rivolge per ammonirlo ad essere “breve e arguto”
(Pg XIII, 78), che sa presentare l’armonia dell’universo nell’eleganza di un breve
verso, perle di verità eterna in una rima aperta alla grandezza dell’infinito,
come «poca favilla gran fiamma seconda» (Pd I, 34).
Lascia dir le genti
Nel
“Capitale”, Marx cita più volte Dante. Da subito, nella “Prefazione” alla I edizione
del 25 luglio 1867, utilizza - non casualmente in chiusura - l’adattamento di
un ammonimento rivolto da Virgilio al suo discepolo. Marx dichiara la
disponibilità ad accogliere «ogni giudizio di critica scientifica» per la sua
opera, ma respinge seccamente «i pregiudizi della
cosiddetta pubblica opinione, cui non ho mai fatto
concessioni». Innanzi a ogni forma di inescusabile superficialità e
pressapochismo del pensiero, il treviriano scrive di far propria - a tal
proposito - «la sentenza del grande fiorentino: “Segui il tuo corso, e lascia dir
le genti!”».
La
citazione del verso dantesco, riportata da Marx in italiano, è presa dal V Pg, adattando,
senza alterare l’unità metrica
dell’endecasillabo, il tredicesimo verso. Con questo Virgilio richiama Dante a non
interessarsi a «ciò che quivi si pispiglia» e lo sollecita a stare come una
torre salda che non ondeggia mai la sua cima per quanto i venti soffino: «Vien
dietro a me, e lascia dir le genti».
La moneta come
mezzo di scambio
Marx
cita Dante nel I libro de “Il Capitale” (dove esamina il processo di produzione
del capitale) e, in particolare, nel III capitolo dove si tratta del denaro e
della circolazione delle merci. In questo caso, Marx, dimostrando una
conoscenza non libresca de “La Divina Commedia”, fa riferimento alla terzina
83-85 del Pd XXIV e propriamente alle seguenti parole rivolte da San Pietro a Dante, appena questi ha presentato la sua definizione della fede: «Assai bene è trascorsa [esposta] / d’esta moneta [della fede] già la lega [la definizione] e ’l peso [il significato]; / ma dimmi se tu l’hai ne la tua borsa [se la possiedi, che è cosa diversa]». I versi - liberati dalla metafora dantesca - sono utilizzati da Marx per spiegare, in un contesto profano, la funzione venale del denaro, strumento in grado di far passar di mano le merci nella misura in cui ad esso corrisponda una quantità reale, materiale e non solo immaginaria di oro.
La fabbrica è più
dell’Inferno
Ancora
un terzo richiamo a Dante, nell’VIII capitolo della III sezione del I libro de
“Il Capitale”, dove si descrivono le dure condizioni di lavoro in alcune
fabbriche inglesi e, nella fattispecie, in quelle che producono fiammiferi,
applicando direttamente il fosforo bianco su asticelle di legno. Qui trovano
lavoro fanciulli «cenciosi, denutriti, completamente alla mercé di se stessi,
privi di qualunque istruzione» con meno di 13 anni, costretti a un orario
giornaliero dalle 12 alle 15 ore, con turni notturni e con pasti irregolari da
consumare «negli stessi locali di lavoro appestati dal fosforo». Tutto ciò
provoca malattie altamente invalidanti, fino alla morte per setticemia. «In
una manifattura simile, Dante - osserva Marx - troverebbe superate le più
crudeli fantasie del suo “Inferno”».
Nello stesso “Il Capitale”, Friedrich
Engels è autore della “Prefazione”
al III Libro e riconosce all’Italia, paese della classicità, di aver dato i
natali al grandioso Dante, espressione «di classica ineguagliata perfezione».
Dante nelle
opere prima del Capitale
Nel 1853, contestando quella stampa inglese che non apprezza
la presenza di rifugiati politici e di esuli stranieri, Marx ricorda i versi
58-60 del Pd XV con cui il trisavolo Cacciaguida predice l’esilio di Dante: «Tu
proverai sì come sa di sale l lo
pane altrui, e come è duro calle l lo
scendere e 'l salir per l'altrui scale».
Nel 1855, stigmatizzando l’ignavia dei parlamentari inglesi,
cita l’If III dove Dante colloca i pusillanimi che in vita non scelsero né il
bene né il male
e non seguirono alcun ideale.
Nel 1872 richiama, in una dichiarazione al Consiglio
Generale dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, lo stesso If III, 51
«ma guarda e passa».
Il signor Wogt
Nel 1860 dà alle stampe “Herr Wogt”, un pamphlet per
difendersi dalle infamanti calunnie di Karl Wogt al soldo di Napoleone Giuseppe Carlo Bonaparte, cugino di Napoleone III. Marx riconosce in Wogt il diavolo dantesco: «Egli è
bugiardo e padre di menzogna». È il verso 144 dell’If XXIII, dove si legge degli
ipocriti che nascondono altro sotto una veste dorata e sfavillante.
Nello stesso pamphlet è ancora citato il verso 139 dell’If XXI
(«Ed egli avea del cul fatto trombetta»), accusando
Wogt d’essere “una sorta di maestro cantore” tra i suoi sodali come il diavolo
Barbariccia che, con lo sconcio rumore del sedere, dà il segnale convenuto per
guidare il movimento degli altri diavoli.
Nel IV quarto capitolo Marx individua la provenienza delle
notizie raccolte da Wogt nel «tristo sacco l che
merda fa di quel che si trangugia», di cui ai versi 26-27 dell’If XXVIII.
Il quinto capitolo si apre con la citazione dei versi
116-119 dell’If XVIII: «Vidi un col capo sì di merda lordo / che non parea
s’era laico o cherco. / Quei mi sgridò: “Perché se’ tu sì ’ngordo /di riguardar
più me che li altri brutti?”». Qui il “brutto” Wogt è visto con il capo
talmente ricolmo di escrementi da essere irriconoscibile e risentito della
maggiore attenzione rispetto agli altri della stessa risma.
In Edouard Simon (1824-1879), un servile giornalista prussiano che vuol passare per francese, notoria spia bonapartista, un lacchè in cui, citando i versi 57-60 dell’If XI («s’annida / ipocresia, lusinghe e chi affattura, / falsità, ladroneccio e simonia, / ruffian, baratti e simile lordura»), Marx ritrova il carattere degli ipocriti, adulatori, maghi, falsari, ladri, ruffiani, barattieri e altri simili peccatori dell’VIII cerchio infernale.
QUI CONVIEN LASCIAR OGNI SOSPETTO
Anche nelle altre opere di Marx si incontrano richiami danteschi funzionali all’argomentare del pensatore tedesco, che, ben conoscendo l’opera di Dante, sapeva scrutare tra gli
endecasillabi di questi. Nell’Introduzione del saggio del 1859, “Per la critica dell’economia politica”, Marx richiama la famosa epigrafe all’ingresso dell’Inferno (If III, 14-15) e avverte che «sulla soglia della scienza, come sulla porta dell’Inferno, si deve porre questo ammonimento: Qui si convien lasciare ogni sospetto / ogni viltà convien che qui sia morta».
LA POESIA DI DANTE PATRIMONIO DELL’UMANITÀ
I riconoscimenti di Marx e di Engels - pur non avendo favorito nelle Repubbliche socialiste
sovietiche (URSS) una più ampia diffusione
delle opere di quello che T.S. Eliot ha definito «il più universale dei poeti
di lingua moderna» - non hanno certamente posto veti e censure, trovando, in
quanti esprimono consenso o dissenso verso il regime, sempre unanime approvazione
per l’immortale poesia che è patrimonio dell’umanità!
Guglielmo Matichecchia
Società Dante Alighieri
Comitato di Taranto
(Guglielmo Matichecchia,
Dante Alighieri conquista Karl Marx, in “Buonasera Taranto”, Anno
XXVIII, 27 maggio 2020, n. 111, p. 11)