lunedì 9 settembre 2019

1 Settembre 1929 - Si spengono le luci del Teatro Alhambra

L'"Alhambra" con i suoi 2.000 posti
È il primo settembre 1929. Lo spettacolo è finito, tace il proiettore che ha illuminato lo schermo con le immagini d’uno scadente film muto in bianco e nero, si spengono le luci, il silenzio assoluto inonda il vuoto della galleria e dei palchi. All’uscita, il malinconico sguardo dei pochi spettatori saluta mestamente, con il buio d’una luna calante, il politeama “Alhambra” nel suo ultimo e anonimo giorno di vita.
In fondo a via Cavour, non c’è l’aria della scintillante festa di venti anni prima, quando il 28 agosto 1909 si inaugurava pomposamente il nuovo teatro, progettato dall’arch. tarantino Eduardo Russo, con la musica del Cigno di Busseto, con l’artistica rappresentazione dell’Aida, con la partecipazione delle autorità e della buona società d’una città che brindava ai fasti dell’elegante struttura e a una grandezza ritrovata.
Il teatro si fa apprezzare per «il palcoscenico amplissimo, la vasta platea, i quattro ordini di palchi, dei quali i due ultimi danno posto ad una duplice gradinata di sfondo, tutto a dipinture bianco e oro, con figurazioni mitologiche di nudo sulla volta e nel sipario»; è realizzato per l’iniziativa di alcuni giovani di facoltose famiglie tarantine, tra i quali Giuseppe Troilo, fratello del sindaco Francesco, e l’avv. Silvio Di Palma, che prendono in fitto un’area edificabile in fondo a via Cavour e con alle spalle l’azzurro dello Jonio.
Quanti ricordi custodisce questo politeama che si avvia alla demolizione! Sono indimenticabili le serate musicali ben organizzate dai benemeriti de “Gli Amici della Musica”, le esibizioni di Tito Schipa, di Mafalda Favero, di Cettina Bianchi con la rappresentazione di “Scugnizza” di Mario Costa, le onoranze per il primo centenario della morte di Giovanni Paisiello con il M° Francesco Cilea  e il M° Gino Golisciani, i virtuosismi del violoncellista Arturo Bonucci con Armando Fanelli al pianoforte, le tante stagioni liriche e quelle teatrali con un’esaltante interpretazione della grande Emma Grammatica, la messa in scena de “La Nave” di D’Annunzio alla presenza dell’ex ministro e capo di stato maggiore della Marina, amm. Giovanni Bettolo, le belle serate con il tarantino Enzo Tacci, ricercato interprete della melodia napoletana. Venti anni di ricordi e di vita, di gradevoli appuntamenti culturali e di incontri del bel mondo. 
In questi venti anni, l’“Alhambra” ha ospitato la seduta inaugurale del congresso nazionale della Società Dante Alighieri del 1926, un affollato incontro con il barnabita Giovanni Semeria, influente confessore - secondo Renzo De Felice - del gen. Luigi Cadorna, oratore colto e coinvolgente, amico del grottagliese Vincenzo Calò. Il politeama è la sede dei più importanti e partecipati congressi, convegni, manifestazioni politiche e sportive, serate di beneficenza e feste da ballo; è il simbolo e l’anima della città che conta e vuole contare sempre più.
Dopo il primo settembre 1929, con una spesa prevista di 350.000 lire per la sola demolizione, l’“Alhambra” cederà il posto al cantiere per la costruzione del monumentale Palazzo del Governo, dove ospitare la Prefettura e l’Amministrazione provinciale.
La nuova opera, voluta dal regime, è progettata - per indicazione dello stesso Mussolini - dall’arch. Armando Brasini, accademico d’Italia e fautore di un’eclettica megalomania costruttiva.
Per costruire il nuovo Palazzo del Governo, l’Amministrazione
La demolizione del Politeama "Alhambra"
provinciale - con la presidenza di Giuseppe Meta, assistito dal segretario dell’Ente, Michele Rinaldi - acquista, con ragguardevole valore di mercato, il terreno di 8.000 mq e l’adiacente
villa Carducci (costruita nel XVII secolo dall’arcidiacono Francesco Carducci Agustini), entrambi di proprietà del ricchissimo sen. leccese Vincenzo Tamborino, suocero del potente federale del fascismo jonico, il dott. Milziade Magnini, chirurgo, primario nel locale ospedale, docente universitario (deputato dal 28 aprile 1934 al 2 agosto 1943), conosciuto anche come esperto collezionista di terrecotte e di ceramiche di particolare rilievo storico e artistico. L’Amministrazione provinciale corrisponde, altresì, con apposite transazioni, rilevanti indennità a quanti hanno in locazione il terreno del sen. Tamborino: all'avv. Silvio Di Palma per il teatro "Alhambra", ad Angelo Cecinato per le fabbriche e i magazzini esistenti, ai coniugi Stefano Bruno-Strina per i magazzini di mobili, ad Augusto Bosco per il ristorante "Miramare", a Vincenzo D'Aquino per l'esercizio del forno, a Giuseppe Masi per lo studio di scultura. Un buon affare per tutti!
A nulla vale il disappunto ovattato, che non produca ritorsioni da parte del regime, di quanti non condividono la perdita dell'importante ed elegante presidio culturale della città (dove sono pur presenti il "Fusco" inaugurato nel marzo 1907 e l'"Orfeo" aperto al pubblico nel febbraio 1915). L'arch. Arcangelo Speranza chiede, attraverso la "Voce del Popolo", se «sarà mai possibile che la città rimanga senza un Teatro, degno di tal nome e degno dell'importanza cui è giunto questo gran centro».
Da allora - al di là di restauri e ristrutturazioni dei due storici teatri sopravvissuti - la città spera che, a tal proposito, venga riconosciuta la sua dignità culturale, attendendo ancora la giusta risposta!

Guglielmo Matichecchia
Società di Storia Patria per la Puglia

(GUGLIELMO MATICHECCHIA, 1 settembre 1929. Si spengono le luci del Teatro Alhambra, in "Buonasera Taranto", Anno XXVII, 5 settembre 2019, n. 198, p. 17)

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