È l’agosto 1929. Taranto vive, anche
quest’anno, la sua lunga e calda estate, dominata dallo scirocco umido e da un
sole africano che stenta a penetrare tra i vicoli stretti - strittelicchije
- e incastrati dell’antica Isola, dove un assopito dio Eolo sembra aver smarrito
ogni sua forza. Si utilizzano tutti gli accorgimenti necessari per difendersi
dall’afa soffocante e per trovare un possibile refrigerio.
Tra gli stabilimenti balneari, il "Nettuno" di Luigi Cecinato, nel
centro abitato, è il più pubblicizzato e via D’Aquino, frequentata nelle
passeggiate serali, è il tratto preferito per lo struscio, illuminato dalle
vetrine dei negozi e vegliato dalla silente luna.
Nulla lascia presagire un qualsivoglia imprevisto che possa turbare
l’uniformità di questi giorni, in cui molte famiglie, come d’abitudine, già pregustano
la ferragostana festività per una piacevole scampagnata.
L’orrendo
delitto
La notizia, però, si diffonde in un baleno nella città: «Hanno ammazzato Antonio Torro».
Sì, proprio lui: il vernacolare poeta e l’appassionato cantore di Taranto,
la "voluttuosa"
città dalle dilette sponde; il tenace autodidatta che ha saputo costruire tutto
il suo sapere; il letterato e il giornalista di buona levatura; il poliglotta e
versatile maestro di tante discipline; il fondatore dell’Università Popolare "Alfredo Oriani"
e della "Scuola di lingue moderne"; il politico sempre libero nel pensiero, il
sindacalista sempre fedele al suo mandato. Torro ha trentotto anni, essendo
nato nel 1891, è lo sposo di donna Vittoria Carducci Agustini, l’amata Rondine,
che resterà sola, senza speranza e senza risorse, con quattro piccole creature
(Fleurie, Daisy, Michele e Maria).
Il deprecabile delitto è del 12 agosto e ha avuto luogo in "Contrada
Recupero", nell’agro di Ceglie Messapica (BR), dove il martoriato corpo
viene rinvenuto in una profonda scarpata. Al di là della crudeltà
dell’omicidio, che sorprende e inorridisce la coscienza dei tarantini, indigna l’identità del colpevole, reo confesso. L’assassino è -
impensabilmente, più che insospettabilmente - don Martino Ragusa, un cinquantenne
sacerdote martinese, appartenente al clero diocesano. Giustamente e senza
alcuna riserva, la "Voce del Popolo" bolla l’ignobile prete come «un delinquente
cinico e volgare».
Il poeta senza
compromessi
Torro
è l’ideale continuatore di Emilio Consiglio (1841-1905), il quale per il primo
«resta il poeta dell’anima tarantina per i versi in vernacolo, nel
calunniato, perché non conosciuto, vernacolo, d’a vie di mijnze e d’a
marine».
Torro non ha una
vita facile; figlio di un umile artigiano, rimane orfano del padre a 16 anni;
interventista, è riformato per una stenosi cardiaca. Nella sua vita, non c’è
l’agiatezza data da beni materiali, non c’è alcuna manna caduta dal cielo. «La mia ricchezza - scriverà nel
suo diario - è nello sforzo di rendere bello il mio cuore e il mio pensiero»
e
ogni passo in avanti è sempre il frutto di continue e sofferte rinunce, di
innumerevoli e logoranti sacrifici personali. Bonae mentis soror est puapertas. Sì! Il genio ha come sorella la povertà, si potrebbe dire con il Petronio del Satyricon.
A ciò si aggiungano la severità con se stesso, il
rifiuto d’ogni cedimento, infingimento, doppiezza che l’allontanano da compromessi,
beghe e da ogni arrivismo politico, riflettendosi, a volte, in qualche tranciante
giudizio non gradito a quanti rassomigliano a sepolcri imbiancati. Ne è un esempio
il sostenere, in qualche circostanza, che un «paese senza orizzonti morali è
Taranto!» anche se nei suoi versi questa è «sciardine di biddezze» o
lo scrivere apertis verbis su via D’Aquino: «C'era movimento per le
strade: il solito movimento tarantino. È il movimento che non dà segno di vita.
Paradosso. Visi pallidi di gente stanca, preoccupata, malata. Si passeggia,
trascinandosi quasi. Discorsi stupidi ed esclamazioni a vuoto. Critiche.
Calunnie. Diffamazioni. Ingiurie. Si va su e giù per Via D'Aquino per due o tre
ore. Chi cerca il fidanzato e chi la fidanzata. Creditori alla pesca dei
debitori. Truffatori alla pesca delle vittime. Via D'Aquino nell'ora in cui più
ferve il passeggio è una fogna».
La critica del
tempo
Le
qualità poetiche di Torro sono riconosciute da Alfredo Lucifero Petrosillo
(1905-1977), che, come scrive in una giovanile nota dell’agosto 1930, sente nel
compianto cantore della lingua dei pittaggi «la più schietta voce della lirica
dialettale», la cui «poesia vivrà, durerà e dirà alle genti venienti che
egli è stato il degno cantore della sua forte e laboriosa Terra Jonica, del suo
popolo, umile, mite e laborioso».
Petrosillo
sa leggere i versi, cogliere i significati autentici, profondi; sa guardare la
persona del poeta nella sua umanità più vera, nei suoi sentimenti più sinceri; ritiene
che Torro, nel rifiuto d’una certa poesia in cui «si nasconde l’utilitarismo
più torbido», trovi le ragioni per cui «si chiuse in un’orbita
che a torto si poteva ritenere orgoglio, sprezzante ogni compromesso ed ogni
convenienza culturale, e si raccolse tutto sdegnoso del "mondan rumore"
in una fierezza aristocratica. […] Nell’intimità orgogliosa della sua
arte resisteva come "torre ferma", insensibile ad ogni infingimento». E
con Petrosillo, anche a noi, «sembra di vederlo, là, nella sua modesta
fucina di idealità, di sogni, di speranze e di chimere, intento, attento a
forgiare, a martellare, con il cuore e con il vivo sentimento e nel dialetto
materno a lui tanto caro, versi e versi, armoniose quartine, poesie sonanti e
concettuose che quasi sempre sapevano di rinunzie, di sacrifici, di pianto
ascoso e rare volte di gioia, di letizia».
Alessandro
Criscuolo (1850-1938), «il gran signor della favella» nel giudizio di
Torro, dedica una delle sue epigrafi per onorare gli ideali e la vita di Torro:
Nella Scuola / nelle pubbliche adunate / nella Università
popolare / Antonio Torro / combatté e combatte/ alta la
battaglia - per l’Ideale / tu sol - pensando - o ideal - sei vero //
Solo / fasciato di fede e d’amore / per gli umili / nulla
chiedendo ai forti / Antonio Torro / À carezzata la bellezza di
un’idea / l’elevamento intellettuale / di quella parte del popolo
/ che in silenzio lavora // Fu perseguitato ma non vinto / l’anima
sua gagliarda / non ebbe pause / tornò / meglio di prima
/ verso il tormento dello studio / e delle libere concioni.
Criscuolo esprime pure altrove l’ammirazione per Torro, per il silenzioso
studioso: il bel «Romeo del sogno», che non dorme per scrivere un
sonetto in vernacolo, senza essere uno spiantato e inconcludente acchiappanuvole.
A
Petrosillo e Criscuolo, si aggiunge Nino Guglielmi con i vivi e personali ricordi
sia del politico che dell’amico, il quale «ha sempre avuto qualcosa
dell’ingenuo, del bambino, appunto perché vero poeta. E parrebbe impossibile
che le lotte e le sofferenze, gl’inganni e le ipocrisie con le quali la vita e
gli uomini cercarono di avvincere e di abbattere la figura di Antonio Torro non
siano minimamente valse a far mutare il suo animo materiato di bontà e di fede».
Un’eredità attuale
Il
Torro migliore non è nelle discutibili scelte politiche; è quello che ama
guardare «la vita con le rosee lenti della poesia», con i suoi versi,
con quel vernacolo in cui rifugiarsi e ritrovare se stesso, c'u spiule,
con il desiderio di trovare l’anima più vera della città, de sta riggine de
le dò mare, dove un popolo, fiero delle sue radici e delle sue tradizioni,
non può lasciare ad altri la scelta del suo destino.
Più
tardi, nel 1958, sarà il clericus vagans della
cultura tarantina, Piero Mandrillo (1917-1989), a riconoscere - nel verismo di
denuncia, nel realismo socialmente critico, nella poesia implicitamente
problematica del Torro - le sue qualità migliori e «in una prospettiva
aperta, in un bilancio intelligente del Novecento poetico minore il posto di
Antonio Torro - annota Mandrillo - è ben definito. È un posto […] che
egli si è conquistato colla sua opera, […], attuale oggi che sono
trascorsi quasi trent’anni dalla sua tragica e veramente ingiusta fine».
Sì.
Attuale, ancora oggi, che sono trascorsi 90 anni e la Taranto, che vuol "rinascere",
non può dimenticare!
Guglielmo Matichecchia
Socio Ordinario
Società di Storia Patria per la Puglia
(Guglielmo Matichecchia, L'orrendo delitto di Antonio Torro, I parte, in "Buonasera Taranto", Anno XXVII, 10 agosto 2019, n. 182, p. 23)
(Guglielmo Matichecchia, Torro, degno cantore della sua terra, II parte, in "Buonasera Taranto", Anno XXVII, 11 agosto 2019, n. 183, p. 17)
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