lunedì 9 settembre 2019

A 90 anni dalla scomparsa di Antonio Torro


È l’agosto 1929. Taranto vive, anche quest’anno, la sua lunga e calda estate, dominata dallo scirocco umido e da un sole africano che stenta a penetrare tra i vicoli stretti - strittelicchije - e incastrati dell’antica Isola, dove un assopito dio Eolo sembra aver smarrito ogni sua forza. Si utilizzano tutti gli accorgimenti necessari per difendersi dall’afa soffocante e per trovare un possibile refrigerio. Tra gli stabilimenti balneari, il "Nettuno" di Luigi Cecinato, nel centro abitato, è il più pubblicizzato e via D’Aquino, frequentata nelle passeggiate serali, è il tratto preferito per lo struscio, illuminato dalle vetrine dei negozi e vegliato dalla silente luna.

Nulla lascia presagire un qualsivoglia imprevisto che possa turbare l’uniformità di questi giorni, in cui molte famiglie, come d’abitudine, già pregustano la ferragostana festività per una piacevole scampagnata.

L’orrendo delitto
La notizia, però, si diffonde in un baleno nella città: «Hanno ammazzato Antonio Torro». Sì, proprio lui: il vernacolare poeta e l’appassionato cantore di Taranto, la "voluttuosa" città dalle dilette sponde; il tenace autodidatta che ha saputo costruire tutto il suo sapere; il letterato e il giornalista di buona levatura; il poliglotta e versatile maestro di tante discipline; il fondatore dell’Università Popolare "Alfredo Oriani" e della "Scuola di lingue moderne"; il politico sempre libero nel pensiero, il sindacalista sempre fedele al suo mandato. Torro ha trentotto anni, essendo nato nel 1891, è lo sposo di donna Vittoria Carducci Agustini, l’amata Rondine, che resterà sola, senza speranza e senza risorse, con quattro piccole creature (Fleurie, Daisy, Michele e Maria).
Il deprecabile delitto è del 12 agosto e ha avuto luogo in "Contrada Recupero", nell’agro di Ceglie Messapica (BR), dove il martoriato corpo viene rinvenuto in una profonda scarpata. Al di là della crudeltà dell’omicidio, che sorprende e inorridisce la coscienza dei tarantini, indigna l’identità del colpevole, reo confesso. L’assassino è - impensabilmente, più che insospettabilmente - don Martino Ragusa, un cinquantenne sacerdote martinese, appartenente al clero diocesano. Giustamente e senza alcuna riserva, la "Voce del Popolo" bolla l’ignobile prete come «un delinquente cinico e volgare».

Il poeta senza compromessi
Torro è l’ideale continuatore di Emilio Consiglio (1841-1905), il quale per il primo «resta il poeta dell’anima tarantina per i versi in vernacolo, nel calunniato, perché non conosciuto, vernacolo, d’a vie di mijnze e d’a marine».
Torro non ha una vita facile; figlio di un umile artigiano, rimane orfano del padre a 16 anni; interventista, è riformato per una stenosi cardiaca. Nella sua vita, non c’è l’agiatezza data da beni materiali, non c’è alcuna manna caduta dal cielo.  «La mia ricchezza - scriverà nel suo diario - è nello sforzo di rendere bello il mio cuore e il mio pensiero» e ogni passo in avanti è sempre il frutto di continue e sofferte rinunce, di innumerevoli e logoranti sacrifici personali. Bonae mentis soror est puapertas. Sì! Il genio ha come sorella la povertà, si potrebbe dire con il Petronio del Satyricon
A ciò si aggiungano la severità con se stesso, il rifiuto d’ogni cedimento, infingimento, doppiezza che l’allontanano da compromessi, beghe e da ogni arrivismo politico, riflettendosi, a volte, in qualche tranciante giudizio non gradito a quanti rassomigliano a sepolcri imbiancati. Ne è un esempio il sostenere, in qualche circostanza, che un «paese senza orizzonti morali è Taranto!» anche se nei suoi versi questa è «sciardine di biddezze» o lo scrivere apertis verbis su via D’Aquino: «C'era movimento per le strade: il solito movimento tarantino. È il movimento che non dà segno di vita. Paradosso. Visi pallidi di gente stanca, preoccupata, malata. Si passeggia, trascinandosi quasi. Discorsi stupidi ed esclamazioni a vuoto. Critiche. Calunnie. Diffamazioni. Ingiurie. Si va su e giù per Via D'Aquino per due o tre ore. Chi cerca il fidanzato e chi la fidanzata. Creditori alla pesca dei debitori. Truffatori alla pesca delle vittime. Via D'Aquino nell'ora in cui più ferve il passeggio è una fogna».

La critica del tempo
Le qualità poetiche di Torro sono riconosciute da Alfredo Lucifero Petrosillo (1905-1977), che, come scrive in una giovanile nota dell’agosto 1930, sente nel compianto cantore della lingua dei pittaggi  «la più schietta voce della lirica dialettale», la cui «poesia vivrà, durerà e dirà alle genti venienti che egli è stato il degno cantore della sua forte e laboriosa Terra Jonica, del suo popolo, umile, mite e laborioso».
Petrosillo sa leggere i versi, cogliere i significati autentici, profondi; sa guardare la persona del poeta nella sua umanità più vera, nei suoi sentimenti più sinceri; ritiene che Torro, nel rifiuto d’una certa poesia in cui «si nasconde l’utilitarismo più torbido», trovi le ragioni per cui «si chiuse in un’orbita che a torto si poteva ritenere orgoglio, sprezzante ogni compromesso ed ogni convenienza culturale, e si raccolse tutto sdegnoso del "mondan rumore" in una fierezza aristocratica. […] Nell’intimità orgogliosa della sua arte resisteva come "torre ferma", insensibile ad ogni infingimento». E con Petrosillo, anche a noi, «sembra di vederlo, là, nella sua modesta fucina di idealità, di sogni, di speranze e di chimere, intento, attento a forgiare, a martellare, con il cuore e con il vivo sentimento e nel dialetto materno a lui tanto caro, versi e versi, armoniose quartine, poesie sonanti e concettuose che quasi sempre sapevano di rinunzie, di sacrifici, di pianto ascoso e rare volte di gioia, di letizia».

Alessandro Criscuolo (1850-1938), «il gran signor della favella» nel giudizio di Torro, dedica una delle sue epigrafi per onorare gli ideali e la vita di Torro: Nella Scuola / nelle pubbliche adunate / nella Università popolare / Antonio Torro / combatté e combatte/ alta la battaglia - per l’Ideale / tu sol - pensando - o ideal - sei vero // Solo / fasciato di fede e d’amore / per gli umili / nulla chiedendo ai forti / Antonio Torro / À carezzata la bellezza di un’idea / l’elevamento intellettuale / di quella parte del popolo / che in silenzio lavora // Fu perseguitato ma non vinto / l’anima sua gagliarda / non ebbe pause / tornò / meglio di prima / verso il tormento dello studio / e delle libere concioni. Criscuolo esprime pure altrove l’ammirazione per Torro, per il silenzioso studioso: il bel «Romeo del sogno», che non dorme per scrivere un sonetto in vernacolo, senza essere uno spiantato e inconcludente acchiappanuvole.
A Petrosillo e Criscuolo, si aggiunge Nino Guglielmi con i vivi e personali ricordi sia del politico che dell’amico, il quale «ha sempre avuto qualcosa dell’ingenuo, del bambino, appunto perché vero poeta. E parrebbe impossibile che le lotte e le sofferenze, gl’inganni e le ipocrisie con le quali la vita e gli uomini cercarono di avvincere e di abbattere la figura di Antonio Torro non siano minimamente valse a far mutare il suo animo materiato di bontà e di fede».

Un’eredità attuale
Il Torro migliore non è nelle discutibili scelte politiche; è quello che ama guardare «la vita con le rosee lenti della poesia», con i suoi versi, con quel vernacolo in cui rifugiarsi e ritrovare se stesso, c'u spiule, con il desiderio di trovare l’anima più vera della città, de sta riggine de le dò mare, dove un popolo, fiero delle sue radici e delle sue tradizioni, non può lasciare ad altri la scelta del suo destino.
Più tardi, nel 1958, sarà il clericus vagans della cultura tarantina, Piero Mandrillo (1917-1989), a riconoscere - nel verismo di denuncia, nel realismo socialmente critico, nella poesia implicitamente problematica del Torro - le sue qualità migliori e «in una prospettiva aperta, in un bilancio intelligente del Novecento poetico minore il posto di Antonio Torro - annota Mandrillo - è ben definito. È un posto […] che egli si è conquistato colla sua opera, […], attuale oggi che sono trascorsi quasi trent’anni dalla sua tragica e veramente ingiusta fine».
Sì. Attuale, ancora oggi, che sono trascorsi 90 anni e la Taranto, che vuol "rinascere", non può dimenticare!

Guglielmo Matichecchia
Socio Ordinario
Società di Storia Patria per la Puglia


(Guglielmo Matichecchia, L'orrendo delitto di Antonio Torro, I parte, in "Buonasera Taranto", Anno XXVII, 10 agosto 2019, n. 182, p. 23)
(Guglielmo MatichecchiaTorro, degno cantore della sua terra, II parte, in "Buonasera Taranto", Anno XXVII, 11 agosto 2019, n. 183, p. 17)

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